Da Il Mattino del 21 gennaio, articolo di Antonio Menna

«La responsabilità dell’arretratezza del Sud è dei meridionali?». Una domanda difficile da porre a Napoli, nel salotto della buona borghesia, nel cuore di Chiaia, giù nella saletta della Libreria Feltrinelli, avendo di fronte quella stessa classe dirigente che è chiamata in causa. Lo ha fatto, non senza coraggio, il giornalista Claudio Scamardella, origini flegree, trascorsi professionali a Napoli, da dieci anni direttore del Nuovo Quotidiano di Puglia. L’occasione è stata la presentazione del suo ultimo libro “Le colpe del Sud” edito da Manni. E per alzare la posta, Scamardella ha chiamato a parlarne l’ex sindaco di Napoli ed ex governatore della Campania, Antonio Bassolino, e l’ex ministro delle Attività economiche, ora al Parlamento europeo, Carlo Calenda. Tra loro, a costruire il senso del discorso, il direttore del Mattino, Federico Monga, che ha sottolineato subito “il coraggio” del libro. «Nel Mezzogiorno – ha detto il direttore Mongail parlar chiaro non è cosa comune. Questo saggio rovescia la prospettiva, offre una nuova chiave di lettura sui ritardi del Sud. Un libro molto critico verso non solo la classe politica ma tutta la classe dirigente, anche quella intellettuale. La questione meridionale diventa la questione dei meridionali. In alcuni punti mi è sembrato addirittura troppo severo. È un libro coraggioso contro i professionisti del meridionalismo». «Del libro – ha esordito Bassolinoapprezzo innanzitutto il fatto che spinga a una riflessione. Oggi riflettere non è di moda. La tendenza è passare oltre. Così accadono cose incredibili e noi non ci fermiamo ad analizzarli. Questa discussione è uno stimolo per tutti. Mi sembra rilevante anche l’elemento autocritico. Oggi non solo non si fanno analisi ma quando si fa, la critica è sempre all’esterno. Mai interna. Questo libro invece affronta il tema della responsabilità chiamando in causa tutti. Mi sembra utile aver ritrovato la connessione nazionale/internazionale, che quelli della mia generazione sono abituati a fare. Tutto parte dalla caduta del Muro di Berlino: anche il discorso Nord-Sud. Se prima della caduta c’era un recinto che fissava un limite, dopo quel limite è saltato. Grazie alla caduta del Muro è stata possibile Tangentopoli. E dopo la caduta del Muro è arrivata anche una nuova sfida nell’area Nord-Sud. Non a caso da lì nasce la Lega. Una sfida che nei primi anni Novanta abbiamo raccolto e anche sostenuto con buoni risultati». «Responsabilità dei meridionali? – ha tuonato Calenda -. Certo che sì. L’intervento straordinario aveva portato degli elementi positivi al Sud. Ma che cosa è rimasto? Non si è stati capaci di strutturare un sistema. È chiaro che negli ultimi anni il Sud è stato anche depredato: il criterio folle della spesa storica ha tolto risorse. Mancano all’appello diversi miliardi di euro. Ma la domanda è: se quei soldi fossero arrivati, che uso se ne sarebbe fatto? Io dico di fare attenzione, oggi, soprattutto al divario culturale; quello economico, con più risorse e una migliore gestione, senza perdere il treno dell’Europa, si può colmare. Quello culturale non lo recuperi facilmente». «Dove abbiamo sbagliato? Io sono partito da questa domanda», ha concluso, tirando le fila del dibattito, l’autore Claudio Scamardella. «Dopo la caduta del muro di Berlino, di fronte alla sfida del mondo che cambiava, della globalizzazione, della rivoluzione digitale, non abbiamo saputo cambiare il paradigma del meridionalismo. Sono partito dalla Puglia, dove si sono intrecciate 3,4 questioni centrali, e risalendo ho potuto raccontare la crisi di tutta una classe dirigente».